Tra antichi astronauti, apocalissi mancate e il fascino irresistibile delle teorie impossibili: viaggio nel mito che non muore mai.
Hai mai sentito parlare di Nibiru? Magari durante una di quelle conversazioni notturne che partono da “E se gli alieni esistessero davvero?” e finiscono alle tre del mattino tra teorie complottiste, citazioni di X-Files e riferimenti a quel documentario che hai visto su YouTube. Oppure ti sei imbattuto in questo nome mentre scrollavi Reddit, perduto tra thread di r/conspiracy o mentre giocavi a qualche videogioco dove antiche civiltà nascondono segreti cosmici.
Bene, sappi che Nibiru non è solo l’ennesima teoria del complotto da scrollare via con un sorriso sarcastico. È molto di più: è un fenomeno culturale, un mito moderno che ha attraversato decenni di cultura nerd, mescolando pseudoscienza, archeologia di fantasia e una buona dose di fascino per l’ignoto. E oggi voglio portarti in questo viaggio tra stelle che non esistono, divinità sumere reinterpretate e apocalissi mancate.
Pronto? Allaccia la cintura, perché stiamo per entrare in orbita attorno al pianeta più controverso che tu abbia mai visto.
La nascita di un mito: chi era Zecharia Sitchin?
Per capire Nibiru devi prima conoscere il suo profeta moderno: Zecharia Sitchin. Nato in Azerbaijan nel 1920 e cresciuto in Palestina, Sitchin era uno scrittore con una passione smodata per le antiche civiltà mesopotamiche. Tra gli anni ’70 e ’90 ha pubblicato una serie di libri conosciuti come “Le Cronache Terrestri”, dove sviluppava una teoria tanto affascinante quanto controversa: gli dei dell’antica Mesopotamia non erano divinità mitologiche, ma veri e propri extraterrestri in carne e ossa.

Secondo la ricostruzione di Sitchin, gli Anunnaki – termine sumero che significa letteralmente “coloro che dal cielo scesero sulla Terra” – erano abitanti di un misterioso pianeta chiamato Nibiru. Questo corpo celeste, sostiene l’autore, avrebbe un’orbita ellittica così estrema da attraversare il nostro sistema solare solo una volta ogni 3.600 anni. Come una cometa gigante, ma abitabile e piena di alieni tecnologicamente avanzati.
E qui viene il bello: Sitchin affermava che questi Anunnaki fossero arrivati sulla Terra circa 450.000 anni fa con uno scopo ben preciso. Avevano bisogno di oro (sì, proprio il metallo prezioso) per riparare l’atmosfera del loro pianeta. Ma siccome scavare nelle miniere era un lavoro pesante, decisero di creare dei lavoratori su misura. Come? Modificando geneticamente i nostri antenati, gli Homo erectus, per dare vita all’Homo sapiens.
In pratica, secondo questa teoria, noi saremmo il frutto di un esperimento genetico alieno. Una specie di schiavi biologicamente ingegnerizzati per estrarre oro. Se ti sembra la trama di un film di fantascienza, hai perfettamente ragione. Il problema è che Sitchin presentava tutto questo come realtà storica, basandosi sulla sua interpretazione personale di testi cuneiformi mesopotamici.
Il fascino irresistibile di una bugia ben raccontata
Devo essere onesto con te: la prima volta che ho sentito parlare di questa teoria, una parte di me ha pensato “wow, sarebbe fighissimo se fosse vero”. Ed è proprio qui che sta il genio (involontario o meno) di Sitchin. Ha costruito una narrazione che risponde a domande profonde che tutti ci siamo posti almeno una volta.
Perché siamo qui? Chi ha costruito le piramidi? Come hanno fatto civiltà antiche a sviluppare conoscenze astronomiche così avanzate? E soprattutto: siamo soli nell’universo?

La risposta di Sitchin è semplice, elegante e tremendamente affascinante: non siamo soli, non lo siamo mai stati, e la prova è scritta nelle tavolette d’argilla di 5.000 anni fa. Se solo sapessimo leggerle correttamente.
Il problema – e qui arriviamo al dunque – è che “correttamente” secondo Sitchin significa “ignorando completamente cosa dicono davvero i testi sumeri”. Perché vedi, gli studiosi veri di lingua sumera e accadica, quelli che hanno dedicato decenni della loro vita a decifrare questi testi antichi, hanno letto le stesse tavolette. E indovina un po’? Non c’è traccia di astronavi, manipolazioni genetiche o pianeti erranti abitati.
I professori di assiriologia come Michael Heiser hanno smontato sistematicamente le traduzioni di Sitchin, mostrando come fossero basate su errori madornali, interpretazioni forzate e, in alcuni casi, completa invenzione. La parola “Anunnaki” significa effettivamente “coloro che dal cielo alla terra” in senso mitologico, non astronautico. E Nibiru? Era un termine generico per indicare un “punto di attraversamento” nel cielo, associato in vari testi a Giove, alla Stella Polare o ad altri corpi celesti di rilevanza astrologica.
Ma se è tutto falso, perché ne stiamo ancora parlando?
Eccellente domanda. Ed è qui che la storia diventa davvero interessante dal punto di vista culturale.
Nonostante la completa mancanza di basi scientifiche, Nibiru non è morto con le smentite degli accademici. Anzi, ha continuato a vivere, evolversi e diffondersi nella cultura popolare come un meme indistruttibile. E il motivo è semplice: Nibiru ha smesso di essere solo una teoria pseudoscientifica per diventare qualcosa di più potente, un simbolo.

Pensa a quante volte hai visto storie di antichi astronauti nella cultura nerd. Stargate ha costruito un intero franchise sull’idea che gli dei egizi fossero alieni parassiti. Assassin’s Creed ha basato la sua mitologia su una razza precursore che ha creato l’umanità e nascosto artefatti tecnologici nel passato. Prometheus di Ridley Scott gioca esplicitamente con il concetto di “ingegneri” che hanno seminato la vita sulla Terra. Ancient Aliens su History Channel ha fatto 18 stagioni (sì, diciotto!) chiedendosi se ogni singolo monumento antico non sia in realtà opera di visitatori extraterrestri.
Nibiru è diventato l’archetipo perfetto di questa narrativa. È l’origine misteriosa, il ritorno ciclico, la minaccia cosmica e la promessa di rivelazione tutto in uno. È il MacGuffin perfetto per qualsiasi storia che voglia mescolare archeologia, cosmologia e un pizzico di paranoia esistenziale.
Il 2012: quando Nibiru doveva distruggere il mondo (ma se n’è dimenticato)
Se pensavi che Nibiru fosse rimasto confinato ai libri di Sitchin e ai documentari del cable, ti sbagli di grosso. Il vero boom è arrivato nei primi anni 2000, quando la teoria si è fusa con un altro fenomeno culturale: l’apocalisse Maya del 2012.

Forse ricordi quel periodo. Improvvisamente tutti parlavano del calendario Maya che “finiva” il 21 dicembre 2012 e questo doveva significare per forza qualcosa di catastrofico. In realtà, i Maya non avevano previsto nessuna fine del mondo, semplicemente il loro calendario a lungo termine completava un ciclo, come quando il nostro calendario passa dal 31 dicembre al 1 gennaio, ma in scala molto più grande.
Ma hey, chi si lascia fermare dai fatti quando c’è un’apocalisse da vendere?
Ed è qui che entra in scena Nancy Lieder, una figura ancora più controversa di Sitchin. Lieder gestiva (e gestisce ancora) un sito chiamato ZetaTalk, dove affermava di essere in contatto telepatico con alieni della stella Zeta Reticuli. Secondo i suoi “contatti”, Nibiru – che lei chiamava anche Pianeta X – sarebbe passato vicino alla Terra proprio nel 2012, causando inversioni dei poli magnetici, tsunami globali, terremoti devastanti e sostanzialmente la fine della civiltà come la conosciamo.

Internet fece il resto. La teoria si diffuse viralmente (prima ancora che “virale” diventasse una parola mainstream), alimentata da video YouTube, forum, gruppi Facebook e un fiume infinito di clickbait. “SCIENZIATI NASCONDONO LA VERITÀ SU NIBIRU!” “LA NASA SA MA NON LO DICE!” “GUARDA IL CIELO PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI!”
Io ricordo quell’epoca. Ricordo amici che un po’ scherzando, un po’ seriamente, mi chiedevano se ci fosse qualcosa di vero. Ricordo i meme, le parodie, ma anche le persone genuinamente preoccupate. Alcuni avevano fatto scorte di cibo. Altri avevano pianificato di rifugiarsi in montagna.
E poi arrivò il 22 dicembre 2012. Il sole sorse come sempre. La Terra continuò a girare. Nibiru non si vide. Nemmeno un po’.
La scienza vera su pianeti misteriosi
Ora, qui devo fare una precisazione importante, perché non voglio che tu pensi che gli astronomi siano chiusi mentalmente o che rifiutino a priori l’idea di pianeti sconosciuti. Al contrario, la ricerca di nuovi pianeti è una delle frontiere più entusiasmanti dell’astronomia moderna.
Negli ultimi decenni abbiamo scoperto migliaia di esopianeti. Abbiamo confermato l’esistenza di Plutone, poi lo abbiamo declassato a pianeta nano. Abbiamo trovato Eris, Makemake, Haumea e altri oggetti transnettuniani. E c’è effettivamente la teoria del “Pianeta Nove”, un ipotetico pianeta massiccio nelle zone più remote del sistema solare che potrebbe spiegare alcune anomalie orbitali osservate in oggetti della fascia di Kuiper.

Ma ecco la differenza cruciale: quando gli astronomi parlano di un possibile pianeta sconosciuto, lo fanno sulla base di dati osservativi, calcoli matematici e previsioni verificabili. E soprattutto, questo ipotetico Pianeta Nove – se esiste – orbiterebbe a una distanza enorme, impiegando da 10.000 a 20.000 anni per completare un’orbita. Non si avvicinerebbe mai alle zone interne del sistema solare.
Il Nibiru di Sitchin e Lieder, invece, è impossibile per ragioni molto semplici:
- Sarebbe visibile: Un pianeta grande quattro volte la Terra che si avvicina al sistema solare interno sarebbe brillante come Giove o Saturno. Lo vedresti a occhio nudo. Milioni di astronomi amatoriali lo avrebbero fotografato. Impossibile nasconderlo.
- Causerebbe caos orbitale: Un corpo massiccio che attraversa il sistema solare interno ogni 3.600 anni renderebbe instabili le orbite dei pianeti terrestri. Marte, la Terra e Venere non potrebbero avere le orbite stabili e quasi circolari che hanno mantenuto per miliardi di anni.
- Violerebbe le leggi della fisica: L’orbita descritta per Nibiru è astronomicamente (gioco di parole inteso) improbabile. Un’orbita così ellittica per un pianeta di quella massa richierebbe condizioni iniziali estremamente specifiche e sarebbe altamente instabile nel lungo periodo.
Come disse magnificamente l’astronomo Phil Plait: “Se Nibiru fosse reale e dovesse arrivare nel 2012, nel 2009 sarebbe stato l’oggetto più luminoso del cielo dopo il Sole e la Luna. Dove diavolo era?”
Perché continuiamo ad amare le storie impossibili?
E qui arriviamo alla vera domanda filosofica dietro tutto questo: se Nibiru è così palesemente falso, perché milioni di persone nel mondo continuano a crederci, o almeno a trovarlo affascinante?
La risposta, credo, sta nella natura stessa dell’essere umano. Siamo animali narrativi. Il nostro cervello è programmato per cercare pattern, trovare connessioni, costruire storie che diano senso al caos. E quando la realtà ci sembra troppo banale, ordinaria o ingiusta, le storie alternative diventano tremendamente attraenti.

Nibiru parla a quella parte di noi che vuole credere che ci sia di più. Che dietro la facciata di normalità si nasconda una verità segreta, accessibile solo a chi è abbastanza sveglio da vederla. È lo stesso impulso che ci fa amare i film di spionaggio, i romanzi polizieschi, le serie su cospirazioni governative. Ci piace l’idea di essere tra i pochi che “sanno”.
C’è anche un elemento di ribellione intellettuale. Credere in Nibiru significa posizionarsi contro “il sistema”, contro la scienza ufficiale, la NASA, i governi, le istituzioni. E per molte persone, soprattutto quelle che si sentono marginalizzate o ignorate dalla società mainstream, questo ha un suo fascino.
Infine, c’è un elemento di meraviglia genuina. La domanda “siamo soli nell’universo?” è profondamente umana. E l’idea che non solo non siamo soli, ma che gli alieni abbiano effettivamente visitato la Terra e influenzato la nostra evoluzione, è incredibilmente affascinante. È la promessa che l’universo sia più interessante, più misterioso, più pieno di possibilità di quanto la vita quotidiana ci faccia credere.
Nibiru nella cultura nerd: da bufala a icona
Ed è proprio qui che Nibiru trova la sua vera casa: nella cultura nerd.
Nibiru si inserisce perfettamente in questo framework mentale. È come scoprire un easter egg nella realtà, un livello nascosto nel gioco della vita. Anche se razionalmente sappiamo che non è reale, giocare con l’idea ha un suo fascino intrinseco.

Guarda quante opere della cultura pop hanno attinto, direttamente o indirettamente, dall’immaginario di Nibiru e degli antichi astronauti:
- Mass Effect gioca con l’idea di cicli cosmici e razze progenitrici
- Evangelion miscela kabbalah, gnosticismo e cosmologie alternative
- The Eternals dei Marvel Studios si basa su visitatori antichi che hanno influenzato l’umanità
- Indiana Jones ha sempre flirtato con l’archeologia esoterica
- La serie Halo presenta i Precursori e antiche civiltà cosmiche
La lista potrebbe continuare all’infinito. Perché? Perché l’archetipo funziona. Narrativamente, emotivamente, esteticamente. Gli antichi astronauti, i pianeti perduti, i segreti dimenticati, sono strumenti potenti per creare storie che ci coinvolgano.
La lezione di Nibiru: pensiero critico nell’era dell’informazione
Alla fine, cosa ci insegna la saga di Nibiru?
Prima di tutto, ci ricorda l’importanza del pensiero critico. In un’epoca in cui chiunque può pubblicare qualsiasi cosa online e farla sembrare autorevole, la capacità di distinguere tra fonti affidabili e ciarlataneria è cruciale. Sitchin non era un assiriologo qualificato. Nancy Lieder non aveva credenziali scientifiche. Ma presentavano le loro teorie con sufficiente sicurezza da convincere milioni di persone.
Secondo, ci mostra come le teorie del complotto si diffondano e si evolvano. Nibiru è passato dai libri degli anni ’70, ai primi forum di internet, ai video YouTube, fino ai gruppi Facebook e TikTok. Ogni piattaforma ha dato nuova linfa a un mito morente, permettendogli di raggiungere sempre nuove generazioni.

Terzo, ci insegna che non tutto è bianco o nero. Possiamo apprezzare Nibiru come fenomeno culturale, come fonte di ispirazione narrativa, senza dover credere che sia reale. Possiamo goderci un film su antichi astronauti sapendo perfettamente che è finzione, proprio come ci godiamo Star Wars sapendo che la Forza non esiste.
Il pianeta che non c’è, ma che vivrà per sempre
Quindi, per concludere questo lungo viaggio ai confini della realtà e del mito: Nibiru esiste?
No. Astronomicamente, scientificamente, no. Non c’è un decimo pianeta in rotta di collisione con la Terra. Non ci sono Anunnaki in arrivo. La NASA non sta nascondendo nulla (hanno già abbastanza problemi a tenere segreti molto più banali).
Ma culturalmente? Nibiru è più reale di tanti oggetti fisici. Vive nei libri, nei documentari, nei videogiochi, nei forum online. È diventato parte del nostro immaginario collettivo, un simbolo della nostra fame di mistero e della nostra paura dell’ignoto.
E forse è questo il vero potere delle storie, anche quelle false. Non sta nella loro verità letterale, ma in cosa ci dicono su di noi, sulle nostre paure, i nostri desideri, la nostra insaziabile curiosità verso l’universo che ci circonda.
Nibiru non tornerà mai perché non c’è mai stato. Ma come idea, come mito, come punto di partenza per conversazioni notturne e speculazioni creative, sarà sempre lì, in orbita attorno alla nostra immaginazione.